Autore: S.K. Tremayne
Casa editrice: Garzanti
Pag.: 307
Costo: 16,90
Trama
A Sarah piace il silenzio assoluto della sera che avvolge l'isola di Skye. Le piace muoversi piano nella penombra e accarezzare delicatamente i biondi capelli della sua bambina di sette anni, Kirstie, che si è appena addormentata. Mentre osserva le sue manine che stringono il cuscino, Sarah ripensa a quando quelle mani si stringevano a quelle, identiche, della sorella gemella Lydia. Niente le distingueva: stesse lentiggini, stessi occhi azzurro ghiaccio, stesso sorriso giocoso. Ma, un anno prima, Lydia è morta improvvisamente e ha lasciato un vuoto così grande che ha costretto Sarah e la sua famiglia a fuggire da tutto e da tutti su quell'isola nel mare della Scozia. Lì, tra scogliere impervie e cieli immensi, Sarah sente che lei, la bambina e suo marito Angus potranno forse ritrovare la serenità. Eppure, mentre si avvicina l'inverno, Kirstie è sempre più strana. Diventa silenziosa, riflessiva, stranamente interessata a cose che prima non amava. Sempre più simile a Lydia, la gemella scomparsa. Quando un giorno si scatena una violenta tempesta, Sarah e Kirstie rimangono isolate. Nel buio, col solo mugghiare del vento ad ascoltarle, Kirstie alza gli occhi e sussurra: "Mamma, perché continui a chiamarmi Kirstie? Io sono Lydia. Kirstie è morta, non io". Sarah è devastata e il tarlo del dubbio comincia a torturarle l'anima. Cos'è successo davvero il giorno in cui una delle gemelle è morta? È possibile che una madre possa non riconoscere sua figlia?
Doppia recensione
Il punto di vista di Dolci
e mezzo
“Perché non puoi chiamarmi Lydia, mamma, visto che io sono Lydia? Ti
prego.”
Questo libro mi incuriosiva molto, lo vedevo spesso in
libreria e la tentazione di prenderlo era forte.
Il romanzo racconta la storia di Sarah e Angus che, dopo
aver perso la figlia Lydia, gemella di Kirstie, decidono di trasferirsi nell’isola
di Torran in Scozia, dove cercano di ricominciare a vivere sopportando il tremendo
dolore di questa terribile perdita.
Lydia è precipitata da un balcone in casa dei nonni mentre
giocava con la sorellina. Biondissime e con gli occhi azzurri, erano identiche
e persino i genitori faticavano a riconoscerle.
Mio padre si era addirittura inventato un soprannome: le Gemelle di
ghiaccio.
Perché erano nate nel giorno più gelido di tutto l’inverno,
con gli
occhi blu come il ghiaccio e i capelli chiari come la neve.
Durante il soggiorno sull'isola, Sarah, inizia a dubitare
che la gemella sopravvissuta sia Kirstie. La piccola è convinta di essere
Lydia.
“Perché continui a chiamarmi Kirstie?
Kirstie è morta.
Mamma, io sono
Lydia, è stata Kirstie a morire.”
Finora erano tutti convinti che fosse Lydia la gemella
precipitata perché è Kirstie che lo urlava
in lacrime al momento del ritrovamento. Le gemelle in quel periodo si
divertivano a scambiarsi i ruoli, a vestirsi uguali. Perché dubitare della
piccola? E se invece...
Ma se avessimo commesso un terribile errore?
L’errore più terribile che
si possa immaginare?
Come lo cancelleremo?
Che cosa potremmo fare?
Come si
ripercuoterebbe su tutti noi?
Da qui, l'autore riesce abilmente a costruire una storia semplice
ma tremenda. Il dubbio dell'identità della bimba morta, i terribili segreti che
sembra nascondere il padre, la straziante sofferenza della mamma, ci
accompagnano per tutto il romanzo. Piano piano la storia prende forma e
riusciamo a capire tutte le dinamiche in gioco.
Era da tempo che cercavo un buon thriller che sapesse
coinvolgermi, incuriosirmi e, perché no, spaventarmi un po'. Questo autore è
riuscito a tenermi incollata alle pagine e a farmi sentire in ansia per tutto
il libro.
La storia è raccontata soprattutto dal punto di vista di
Sarah, che parla in prima persona, e, a volte, da Angus, ma in terza persona. Tremayne
è riuscito a caratterizzare minuziosamente ogni personaggio. Sarah è distrutta
dal dolore per aver perso la sua gemella "preferita", ma anche Angus
soffre tantissimo.
Anche lui la amava, la amava almeno quanto Sarah. Eppure, chissà
perché, il suo dolore veniva sminuito. Chissà perché il dolore della madre
veniva giudicato più importante: solo lei poteva crollare, solo lei poteva
piangere, solo lei poteva agonizzare per mesi per la perdita della sua figlia
preferita.
Le sublimi descrizioni della Scozia, dell'isola con il suo
faro, della natura meravigliosa che può diventare terribile, della spessa nebbia che avvolge l'isola, delle
burrascose onde del mare in tempesta, sono lo scenario perfetto per questa
storia. Un'ambientazione cupa e sinistra che il lettore percepisce
perfettamente.
E' stata decisamente una buona lettura, con tantissima angoscia
e suspense. Ogni capitolo terminava con un piccolo cliffhanger che spingeva,
senza tregua, ad andare avanti nella storia per riuscire a comprendere ogni
sfumatura. Cosa era successo veramente quella mattina? Chi è la bimba rimasta?
E i genitori che ruolo hanno in tutta la vicenda?
Il finale mi è piaciuto molto e ha dato risposta a tutte le
domande che mi erano sorte durante la lettura.
Non è tanto la mia morte ad essere intollerabile, quanto la morte di
quelli che mi circondano. Perché io li amo e una parte di me muore con loro.
Perciò ogni tipo di amore, se volete, è una forma di suicidio.
Il punto di vista di Iaia
e mezzo
Ho sempre provato un'attrazione profonda nei confronti dei
gemelli monozigoti, quelli uguali come gocce d'acqua.
Cosa pensano, cosa
sentono, cosa provano... è davvero tutto in simbiosi?
Ho iniziato a leggere questo libro proprio perché
l'argomento mi affascinava. Sono contenta di aver preso tale decisione, anche
se tutta la trama è complessa.
Una gemella muore, i genitori sono devastati e quella
sopravvissuta ha problemi psicologici molto difficili da risolvere. Non voglio
dire altro, altrimenti potrei fare dello spoiler che toglierebbe la curiosità
di sfogliare questo romanzo. Posso dire che man mano che procedevo nella
lettura, il mio istinto mi guidava nella via giusta. Il personaggio che mi è
piaciuto di più è il papà, Angus e ho tifato per lui sin dal primo momento,
mentre Sarah, la mamma e protagonista mi ha sempre lasciata diffidente.
L'autore è stato in gamba, ha saputo cogliere delle
sfumature che hanno messo in risalto le difficoltà di ogni attore. Come tutti i
malati che soffrono di disturbi mentali leggeri o meno, sono furbi, il loro
cervello, pur di non far soffrire se stesso, interviene con qualche forma di
amnesia che ad un tratto scompare, facendo agire, di conseguenza, lo stesso
malato in modo positivo o negativo e decretando così la fine di quelle angosce
che lo hanno più o meno tormentato.
Non è certo un libro leggero, nel senso che l'argomento è
quello relativo al superamento di un dolore profondo che avviluppa tutta la
famiglia. Ognuno reagisce in un modo e anche quando arriva la spiegazione
finale accetti tranquilla e con serenità l'epilogo della vicenda.
Ho un ma... Avrei gradito che Tramayne approfondisse un
po' di più la soluzione dei nodi incontrati, ma sono sicura che, visto
l'argomento per me molto affascinante, sia una richiesta dettata più dal
desiderio di conoscere a fondo l'animo dei protagonisti che della storia in sé.
Se vi piace la psicologia senz'altro è da leggere.
Voglio trascrivervi alcune frasi che mi hanno colpito:
Quanti sono d'accordo con quest'affermazione?
"Non è tanto la mia morte a essere intollerabile, quanto la morte
di quelli che mi circondano. Perché io li amo e una parte di me muore con loro.
Perciò ogni tipo di amore, se volete, è una forma di suicidio"
Solo un/a bimbo/a può fare una simile domanda. Ma sarebbe
bello che potesse accadere qualche volta.
"Mamma, che cosa ti piacerebbe che piovesse, al posto
dell’acqua?"
"Se la pioggia non fosse fatta di acqua, di che cosa ti piacerebbe
che fosse? A me piacerebbe che piovessero fiori, una pioggia di fiori...
sarebbe carino, no?"
due punti di vista diversi che mi fan venire voglia di leggerlo entrambi!
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RispondiEliminavediamo un po, iniziato ieri!
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