Autore: Marco Balzano
Casa editrice: Einaudi
Pag.: 180
Costo: 18,00
L'acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale si trovano i resti del paese di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua materna è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora, per non perdere la propria identità, non resta che provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle, nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all'improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l'altro, la costruzione della diga che inonderà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine. Una storia civile e attualissima, che cattura fin dalla prima pagina.
Ho letto il romanzo di
Marco Balzano, Resto qui, con mio
figlio. Non credo che l’avrei mai preso in considerazione, non mi aveva colpito
né la copertina né il titolo. Inoltre avevo seguito la presentazione al Salone
del libro a Torino nel maggio 2018 e non ne ero rimasta coinvolta. Al termine
della lettura mi rendo conto di aver sbagliato. Fermandoci ancora a osservare
la copertina mi accorgo che tanto il titolo quanto l’immagine hanno il loro
significato e sono perfettamente rispondenti al racconto del libro. La
sensazione di solitudine e dolore è rappresentata dall’immagine del campanile
di Curon e il titolo richiama la forza di resistere della gente di quei luoghi.
Forza di affrontare la povertà, la paura, la guerra e l’inondazione.
Perché
vuoi restare qui se rimarremo senza lavoro, se non potremo più parlare tedesco,
se distruggeranno il paese?
Perché
qui ci sono nato, Trina.
Resto
qui
è un romanzo impegnativo, ha il dono di farti conoscere
la storia di un periodo molto difficile per l’Italia. Racconta la storia di una
donna da quando è una giovane ragazza piena di sogni e di speranze fino all’età
adulta. In tutto questo Trina passa attraverso il fascismo, la guerra, la fuga
in cerca di salvezza, l’armistizio. Racconta una vita fatta di semplicità, vita
nei campi, paura e “resistenza”. Sì, resistenza, perché nonostante tutto, lei
non si dà per vinta, sicuramente ridimensiona le sue aspirazioni, in alcuni
casi “piega il capo” davanti alle vicende familiari e storiche. Ha lo stile di
un diario, Trina si rivolge alla figlia perduta per raccontarle tutto quello
che è successo.
Proprio per i temi che
affronta e per il periodo storico in cui è inquadrato, il romanzo non è
scorrevole. I capitoli brevi non rappresentano un ritmo rapido, i racconti sono
molto densi e questo li fa sembrare infiniti. Inoltre è pervaso da sentimenti
di dolore e rassegnazione, insomma non è una lettura da affrontare a cuor
leggero.
È sicuramente una lettura
che gli adulti possono apprezzare più degli adolescenti di oggi. Ti fa rivivere
quel clima di disperazione che solo i nostri nonni possono raccontarci. In
molti tratti ho infatti pensato a mia nonna e ai miei zii che mi raccontavano
le loro storie della guerra. Sono stata felice di aver letto questo libro.
Fuori totalmente dalla mia scelta personale, ma sicuramente un buon libro, un
romanzo che merita di essere letto.
Manuela
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