Autore: Solveig Jonsdottir
Casa editrice: Sonzogno
Pag.: 317
Costo: 17,50
Trama
Per una donna i trent'anni sono un'età meravigliosa, si comincia a fare sul serio e ad assaporare il bello della vita. Peccato che non sia quasi mai veramente così. Hervòr, Karen, Silja e Mía, ad esempio, sono tutte alle prese con situazioni sentimentali caotiche e insoddisfacenti. C'è quella che si accontenta di saltuarie notti di sesso con l'ex professore di università, chi vive dai nonni, trascorrendo i weekend in discoteca e svegliandosi ogni volta in un letto diverso. Oppure quella che, essendo medico, è spesso costretta a turni fuori casa e, guarda un po', la volta che rientra senza avvisare sorprende il neo marito con una biondina. E poi c'è la più scombinata di tutte: è stata lasciata dal fidanzato, un avvocato benestante, e ora vive in una mansarda in mezzo agli scatoloni del trasloco, faticando a trovare un lavoro e una direzione nella vita. Le quattro giovani donne non si conoscono né sembrano avere molti punti in comune. A unirle è la pausa obbligata al Reykjavik Café dove, nel buio gennaio islandese, vanno a cercare un po' di calore e dove le loro storie finiranno per intrecciarsi. Finché, fra un latte macchiato e un cocktail di troppo, rovesci del destino e risate condite da improbabili consigli, ognuna troverà il modo di raggiungere la propria felicità, o qualcosa di molto vicino.
Il commento di Chiara
Ciò non cambia il fatto che una cosa che finisce è sempre un po’
dolorosa.
Soprattutto se è una cosa che sappiamo bene che non sarebbe durata a
lungo.
Che sia un pacchetto di biscotti o un qualche imprecisato rapporto tra
due individui.
Questo è un libro molto particolare. Dalla sinossi sembra
quasi un chick-lit ambientato in Islanda. Posso dire che non è assolutamente
così. La prima parola che mi viene in mente per descriverlo è cupo. E’
ambientato in Islanda nei primi mesi dell’anno, quando si hanno a disposizione
poche ore di luce, quindi l’atmosfera è buia, cupa appunto. E poi è triste, c’è
questa cappa di amarezza che permane per tutta la storia.
All’inizio ho faticato, io non amo molto i libri che mi
trasmettono così tanta malinconia e tristezza, ma poi andando avanti non
riuscivo a staccarmi dalle pagine. Ho scoperto che gli scrittori nordici su di
me hanno questo effetto, fatico un po’ a calibrare ma poi non mi fermo più.
Un’altra cosa che ha rallentato la lettura è la lingua. I
nomi sono impronunciabili e difficili, è proprio un alfabeto diverso, a volte
ho scambiato anche maschi per femmine prima della spiegazione. Anche le
località sono difficili da capire. Ma è un limite che leggendo si riesce a superare.
Le protagoniste di questo libro, Hervör, Mìa, Silja e Karen,
sono quattro giovani donne che in un modo o in un altro subiscono una forte
delusione. Chi viene tradita, chi lasciata, chi ha perso una persona cara. Non
sono amiche ma gravitano tutte una intorno all’altra e finiscono in un modo o
in un altro al Reykjavik Café. Le loro storie senza volerlo si intrecciano in
qualche modo, in maniera molto reale.
Ho trovato molto bello, e immagino anche voluto, il fatto
che anche senza conoscersi siano in qualche maniera collegate, che la loro vita si interseca quella delle altre ragazze. L’autore, secondo me, ha voluto far
capire che la capitale islandese è piccola, poco popolata e in qualche modo
tutti sono connessi fra loro, anche senza saperlo.
E poi l’atmosfera. E’ molto buia, cupa e fredda, credo che
finché non si prova non si possa capire cos’è l’inverno islandese. E’ descritto
benissimo, anche il paesaggio e la città, rende molto bene l’idea. E fa capire
quanto le persone quando non vogliono pensare si rifugiano nell’alcol e negli
incontri occasionali, pentendosene poi al mattino dopo.
E’ un libro molto reale, mi è sembrato quasi una finestra
aperta sulla vita di queste quattro protagoniste, nel momento in cui subiscono
una forte delusione, per vedere come fanno, e se riescono a superarla.
Uno stile diverso, ma che una volta iniziato mi ha catturata
e nonostante la sensazione di sconforto che accompagna la lettura mi ha
lasciato impressioni molto positive e una gran voglia di
visitare l’Islanda, magari però in estate.
Meglio leggere d'estate anche il libro Chiarè ;) ahaha
RispondiEliminaBaci!!
a me è piaciuto leggerlo in questa stagione, anche se la descrizione di come ha dovuto sgelare la macchina prima di entrarci mi ha fatto venire i brividi
EliminaEcco vedi che è meglio leggerlo d'estate? Così oltre a farti scorrere piacevolmente il tempo ti rinfresca anche XD
EliminaChiarè non ci fare caso, ho fatto indigestione di pane e simpatia a quanto pare...
;)
EliminaLa copertina è davvero deliziosa, ma per qualche motivo avevo snobbato questo libro. Invece sembra molto carino *w* ad attirarmi è soprattutto l'ambientazione, perché più sono cupe, più le adoro!
RispondiEliminaLa particolarità di questo libro è proprio l'atmosfera cupa. Diverso dal solito ma merita veramente
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