martedì 22 settembre 2015

Recensione: Chef per amore di Amy E. Reichert

Titolo: Chef per amore 
Autore: Amy E. Reichert
Casa editrice: Newton Compton
Pag.: 288
Costo: 12,00














Trama
Nel centro di Milwaukee, la giovane Lou si dà molto fare per far funzionare il suo tanto amato ristorante, il Luella, cercando di dividersi con equilibrio tra il lavoro e il fidanzato, un ambizioso avvocato. Finché una mattina lo scopre con un'altra... Al, di origine inglese, è un giornalista che, sotto pseudonimo, si diletta nel mestiere di critico gastronomico e scrive feroci recensioni sul giornale locale. Quando una soffiata lo invita ad andare a provare il Luella, il destino vuole che la sua visita capiti nel giorno peggiore possibile per la giovane chef. La stroncatura non si fa attendere: cottura sbagliata per il pesce, salsa bruciata, e perfino il servizio è definito "inaccettabile". Il giorno in cui esce la recensione. Al e Lou si incrociano in un pub: la chef è lì per affogare i suoi dispiaceri e il giornalista per celebrare il suo ultimo articolo. Fanno conoscenza e dopo un po' che parlano, Al sfida Lou a mostrargli il meglio di Milwaukee. E così i due cominciano a frequentarsi, ma mentre la rubrìca di Al guadagna una popolarità inaspettata, il ristorante di Lou si prepara a chiudere i battenti. In breve i due si stanno innamorando, ma la vera identità di Al viene fuori e la bella Lou non può credere a quello che sente...

Doppia recensione
Patrizia


Chef per amore è delicato, dolce, passionale come l’alchimia che si crea tra i due personaggi. Una storia romantica vecchio stampo, un inno alla voglia di lottare per i propri sogni. Semplice eppure coinvolgente, intenso. (Se chiudo gli occhi Lou ha le sembianze di Audrey Hepburn)
Viene narrato tutto in terza persona, eppure è come se fossimo noi a passeggiare per le vie di Milwaukee nel tour più goloso della nostra vita.
Protagonista indiscussa è ovviamente la cucina, in ogni suo aspetto, dalla preparazione alla degustazione, ma mai in maniera assillante, noiosa, anzi vuoi provarli anche tu quei sapori.
L’autrice deve avere una grande passione per il buon cibo, per la cucina, i dettagli sono impeccabili, ti fanno venire l’acquolina in bocca.
Le descrizioni di Milwaukee sono da guida turistica della Lonely, vorremo provare i ristoranti, visitare i negozi e scoprire questo pazzo clima.

Si tolse la giacca di pile comprata ai deprimenti grandi magazzini in centro. 
Faceva troppo caldo fuori; tutto l’opposto di come era cominciata la giornata. 
Le sue scarpe erano ancora bagnate per i rovesci torrenziali di qualche ora prima, 
anche se alcuni segni rossi sbiaditi sul braccio erano l’unica prova della grandine e della pioggia gelata sotto cui era andato al lavoro. Ma già a mezzogiorno splendeva il sole: 
al clima di Milwaukee serviva un qualche tipo di Prozac meteorologico.

Al Waters Wodysky, critico gastronomico (ditelo ad alta voce e vi apparirà come per magia un critico glaciale), look trasandato, portamento rigido, famiglia alle spalle impegnativa per non dire soffocante, occhi azzurri, luminosi ma freddi. Odia vivere a Milwaukee ma ama profondamente il suo lavoro, critica in maniera cinica a volte spietata ogni singolo ristorante/locale della città.
Elisabeth, detta Lou, chef incredibile, proprietaria del ristorante Luelle, passionale come il cibo che cucina e nello stesso tempo timida, timorosa. Ama profondamente il suo lavoro, lo vive intensamente come le cicatrice sul corpo che porta. Riscoprirà il piacere di condividere le proprie passioni (la cucina, il cibo) con un’altra persona che la capisce immediatamente.

Lou osservava Al con attenzione. 
Riconosceva un “ciborgasmo” quando ne vedeva uno.
 Masticava lento e metodico, occhi chiusi, sensi aperti.

I personaggi minori, fanno un po’ da collante alla storia, in maniera delicata, soffusa, sono comunque un ottimo aggregante alla storia.
Romanzo ricco di colpi di scena, imprevisti e coincidenze. L’intensità dei sentimenti sono descritti molto bene, rabbia, dolore, delusione, gioia, adrenalina, passione.

Aveva le guance scarlatte a forza di fissare la tempesta di merda che era diventata la sua vita (e forse a forza di bere). Aveva la schiena e le spalle curve sotto il peso di un globo invisibile.

Alla fine della lettura ragazze proverete anche voi a fare una meravigliosa e profumatissima torta al cocco.

Manuela


Il libro è piacevole e ben scritto, ma la storia è molto “leggera”, semplice. 
In alcuni momenti sembra quasi banale.
Devo dire che tutti i personaggi del libro sono ben descritti, tanto i principali che i secondari, ma la storia non ti coinvolge in pieno. Sei uno spettatore che vede scorrere davanti a lui le scende descritte. Non ho provato empatia per le varie situazioni e sono sempre rimasta a guardare. Probabilmente il fatto che il testo sia scritto in terza persona forse ti lascia più impersonale, separando la parte degli attori protagonisti da quella del lettore.
Mi è piaciuto però il rapporto di Lou con la sua amica Sue, sono amiche, collaboratrici e confidenti sincere, esattamente come il corrispettivo maschile tra Al e John.
È anche molto carina questa storia descritta attraverso il cibo, anzi facendo del cibo forse il protagonista principale, un po’ come succedeva nel film della Pixar “Ratatouille”, che non a caso viene citato nel racconto stesso.

“Come puoi non dire che Ratatouille è il miglior film della Pixar? Sei uno chef. [...] 
Ti hanno fatto desiderare di mangiare quel cibo cucinato da un ratto! [...] 
Quel ratto cucinava quello che amava, che aveva un buon sapore.”

Il libro termina poi con una nota personale, la ricetta della torta che ha fatto da galeotto, una torta che se avessi le abilità culinarie adeguate cucinerei, perché tanto speciale per i due protagonisti.












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