Autore: Carla Maria Russo
Casa editrice: Piemme Edizioni
Pag.: 429
Costo: 19,00
Trama
1488. Caterina Sforza, vedova di Girolamo Riario, signora di Forlì e Imola, non è una donna come le altre. Lo sanno bene i grandi signori d'Italia, da Lorenzo Medici a Ludovico il Moro, al papa in persona, i quali ne cercano l'alleanza non solo per la posizione delle sue terre ma anche per l'ingegno di colei che le possiede. Nessuno può credere, quindi, ricordando Caterina, sola, dopo l'assassinio del marito, capace di sacrificare i suoi stessi figli per difendere la rocca di Ravaldino in cui è asserragliata, che possa perdere forza e scaltrezza per colpa di un uomo. Proprio nei giorni della rischiosissima lotta contro i nemici che hanno ucciso Girolamo Riario, infatti, Caterina incontra un uomo capace di suscitare in lei una passione così impetuosa da distoglierla dai suoi doveri e dalla sua inflessibilità. Si chiama Giacomo Feo ed è uno stalliere, un individuo indegno di lei, del suo rango, anche solo del suo interesse. Ma la Tygre, fin da bambina, ha dimostrato a tutti di avere un carattere indomito e in quella storia clandestina e pericolosa si lascia condurre con lo stesso furore che l'ha sempre sostenuta in battaglia. Accecata dall'amore, non si rende conto che in molti tramano nell'ombra per privarla della reggenza sulla signoria di Forlì. Spetterà a Caterina scegliere tra la vita che crede di meritare e il ruolo per cui è nata. E non sarà una scelta facile.
Il mio commento
Ancora una volta non ho parole al riguardo... e potrò anche ripetermi dozzine di volte, ma il mio pensiero resta identico. Chi scrive e racconta la storia che sia romanzata e non, deve avere una spiccata capacità conoscitiva delle vicende che girano intorno ad ogni personaggio, tanto da non uscire mai fuori dall'argomento che tratta. E anche questa volta, scusatemi, l'autrice ha fatto bingo!!!
Scrivere di un periodo storico che ha visto l'Italia essere al centro dell'attenzione delle monarchie, conoscere gli intrighi, i sotterfugi che hanno costruito e fatto del nostro paese quello che è, perché che se ne dica le situazioni, le modalità e i pensieri hanno delle fondamenta molto antiche. Questo romanzo ci propone con occhi diversi ciò che una donna, Caterina Sforza, circondata solo da figure maschili, sia stata capace di fare, di combattere, di reggere. Una donna che ha guardato prima al bene del suo popolo, con la morte nel cuore, a discapito del suo stesso sangue, pur di vincere una battaglia che a priori sembrava persa. Caterina che abbiamo cominciato a conoscere già nella Bastarda degli Sforza, romanzo precedente a questo, che presenta la protagonista adolescente, il suo matrimonio e le vicende che ne sono scaturite. Ora Caterina è madre, è la signora di Forlì e Imola, ma cosa più importante è vedova. Una donna anche se importante come lei, nel XV secolo è sempre una donna, che non ha diritti, che non ha sicurezze, che deve assolutamente capire come gestire questa nuova realtà. Sbarazzarsi di coloro che hanno assassinato suo marito è la prima delle cose da risolvere... Ma Caterina Sforza è una donna che non ha conosciuto l'amore, che non sa cosa vogliano dire passione e tormento, data in sposa quando era ancora una bambina, con un matrimonio combinato, si è adattata alla situazione, generando eredi, perché quello era il suo compito, ma ora molto è cambiato...
Cosa interessante all'interno di questo romanzo è la finestra che l'autrice apre oltre i confini di Caterina, gettando uno sguardo a Nord, dove a Milano troviamo Ludovico Sforza alle prese con problemi che riguardano la futura reggenza del ducato, uno spaccato particolare che mette in luce gli intrighi che si celano dietro menti molto perverse, pur di prevalere sui più deboli, la battaglia tutta al femminile tra Isabella D'Aragona, moglie di Gian Galeazzo Sforza, fratello di Caterina e destinatario a governare Milano, e Beatrice D'Este, futura moglie di Ludovico Sforza detto il Moro.
Ora non voglio tediarvi perché così potrebbe sembrare, preferisco restare nel vago e convincervi (spero) che questo romanzo ne vale proprio la pena di leggerlo perché chi ama la storia, attraverso questo libro scopre un mondo a parte raccontato con occhi diversi.
Cosa interessante all'interno di questo romanzo è la finestra che l'autrice apre oltre i confini di Caterina, gettando uno sguardo a Nord, dove a Milano troviamo Ludovico Sforza alle prese con problemi che riguardano la futura reggenza del ducato, uno spaccato particolare che mette in luce gli intrighi che si celano dietro menti molto perverse, pur di prevalere sui più deboli, la battaglia tutta al femminile tra Isabella D'Aragona, moglie di Gian Galeazzo Sforza, fratello di Caterina e destinatario a governare Milano, e Beatrice D'Este, futura moglie di Ludovico Sforza detto il Moro.
Ora non voglio tediarvi perché così potrebbe sembrare, preferisco restare nel vago e convincervi (spero) che questo romanzo ne vale proprio la pena di leggerlo perché chi ama la storia, attraverso questo libro scopre un mondo a parte raccontato con occhi diversi.
L'innamoramento è di per sé una condizione estrema,
nella quale si alternano comportamenti contraddittori.
A volte, esaltati dal proprio stato di grazia e felicità,
gli innamorati si sentono animati da un eccesso di altruismo e generosità,
da un'irrefrenabile predisposizione a riparare ogni torto, risolvere ogni male,
creare un mondo in cui tutto è palingenesi, purezza e perfezione,
come quello nel quale si sentono immersi.
Vorrebbero che tutti vivessero il loro stato di ebrezza, grazie e felicità.
All'estremo opposto, però,
possono anche trasformarsi nelle persone più ciniche ed egoiste del creato,
preoccupate solo di se stesse e del proprio appagamento,
ciechi dinnanzi alla sensibilità altrui, all'altrui sofferenza, anzi, pronti a calpestarla,
pur di difendere quello che considerano il loro sacrosanto diritto della felicità.
Se hai piacere qui trovi le altre recensioni dei romanzi dell'autrice:
La regina irriverente recensione
La sposa normanna recensione
La bastarda degli Sforza recensione
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