giovedì 18 giugno 2015

Recensione: Storia di una ladra di libri di Markus Zusak

Titolo: Storia di una ladra di libri
Autore: Markus Zusak
Casa editrice: Frassinelli
Pag.: 576
Costo: 16,90













Trama
È il 1939 nella Germania nazista. Tutto il Paese è col fiato sospeso. La Morte non ha mai avuto tanto da fare, ed è solo l'inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel Meminger raccoglie un oggetto seminascosto nella neve, qualcosa di sconosciuto e confortante al tempo stesso, un libriccino abbandonato lì, forse, o dimenticato dai custodi del minuscolo cimitero. Liesel non ci pensa due volte, le pare un segno, la prova tangibile di un ricordo per il futuro: lo ruba e lo porta con sé. Così comincia la storia di una piccola ladra, la storia d'amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un talismano contro l'orrore che la circonda. Grazie al padre adottivo impara a leggere e ben presto si fa più esperta e temeraria: prima strappa i libri ai roghi nazisti perché "ai tedeschi piaceva bruciare cose. Negozi, sinagoghe, case e libri", poi li sottrae dalla biblioteca della moglie del sindaco, e interviene tutte le volte che ce n'è uno in pericolo. Lei li salva, come farebbe con qualsiasi creatura. Ma i tempi si fanno sempre più difficili. Quando la famiglia putativa di Liesel nasconde un ebreo in cantina, il mondo della ragazzina all'improvviso diventa più piccolo. E, al contempo, più vasto. Raccontato dalla Morte - curiosa, amabile, partecipe, chiacchierona - "Storia di una ladra di libri" è un romanzo sul potere delle parole e sulla capacità dei libri di nutrire lo spirito. Questo libro è stato pubblicato con il titolo "La bambina che salvava i libri".


Il commento di Patrizia

 "In guerra non c’è nessun oppresso o oppressore ma c’è solo la morte"

La prima edizione di questo libro risale al 2007 con il titolo "La bambina che salvava i libri". 
E' una storia struggente che ci mostra gli orrori della guerra.
E' una storia dolce e amara allo tempo stesso, la storia di chi pur non avendo nulla (niente soldi, niente cibo) riesce a trovare del buono nonostante tutto e tutti.
C'è tanto amore in queste pagine, tanto... che nemmeno la guerra ha saputo distruggere.
Lo stile risulta scorrevole, semplice e gradevole, ricco di dialoghi. 
Forse l’unica pecca è l'impaginazione usata (fa molto libro scolastico), la trama  è divisa in grandi temi che a loro volta sono suddivisi in capitoletti più brevi, inserendo termini in lingua tedesca, con la reale traduzione tratta dal vocabolario.
E’ la Morte la narratrice di questa storia drammatica e commovente, una Morte resa umana e pietosa che si impegna a raccogliere le anime delle vittime della guerra e dei bombardamenti.

"Nel corso degli anni ho visto tanti giovani che credono di correre gli uni contro gli altri. Non è così. 
E' verso di me che corrono."

Per una volta le emozioni non sono filtrate attraverso il cuore e la mente dei personaggi, ma attraverso la Morte anche lei  vittima della follia umana.
Una Morte che prova compassione per gli ebrei che lasciano la vita nei campi di concentramento, che piange nel dover portare via, per quanto ciò significhi per lei commettere un furto, un ragazzino. Essa non è malvagia, né se ne va in giro con la falce e il mantello nero: si ritrova solo a fare il suo dovere.

"Sì, lo so. 
Nella tenebra del mio cuore dal battito cupo, lo so. 
Gli sarebbe piaciuto di certo.
Visto?Perfino la morte ha un cuore."

Una morte buona, una morte che non vorrebbe fare quello che fa, una morte devastata e sfinita che piange di fronte alle vite perdute...

"Dicono che la guerra sia la migliore amica della morte, ma debbo dissentire. 
Per me, la guerra è come un nuovo padrone che pretende l'impossibile. 
Ti sta con il fiato sul collo, ripetendo senza sosta. 
Tu lavori duro, ti affanni. 
Il capo, però, mica ti dice grazie: esige ancora più impegno da te."

Ammetto però che non mi è piaciuto molto avere una "Morte" che spesso e volentieri mette a conoscenza il lettore di quello che accadrà prima che venga raccontato rovinando così la lettura.
Liesel è il personaggio positivo per eccellenza, tutti le vogliono bene, tutti cercano in qualche modo di aiutarla e di non farla sentire sola, piccola, grande donna, che impara ad affrontare la sofferenza della perdita della mamma e del fratellino con coraggio, che impara ad amare i "nuovi genitori", che impara a leggere e scrivere, e a rubare libri al posto di altri oggetti o cibo, per la sete di parole che ha.



"Ho odiato le parole e le ho amate, e spero che siano tutte giuste."









L'universo interiore di Liesel è un turbine di emozioni che si accavallano tra l'innocenza infantile e una precoce maturità necessaria, per affrontare ciò che a dieci anni non si dovrebbe neanche conoscere… la guerra, la morte, il terrore. Forse i libri rappresentano per lei il ponte per oltrepassare l'abisso della morte in cui tutti coloro che le sono vicini sembrano cadere insieme alle sue speranze di una vita felice.
Liesel ha fame di parole. Saranno proprio queste ultime ad aiutarla in più circostanze, l’amore per la letteratura scuote le pagine di quest’opera e fa vibrare l’anima di chi legge. E’ la dimostrazione di come le parole possano essere d’aiuto anche nelle situazioni più drammatiche ed impensabili. E’ struggente, toccante e commuovente.
E’ un libro che ti coinvolge, che ti fa pensare molto, ma non solo al nazismo e agli ebrei, ti fa pensare...
Morte, distruzione, razzismo, orrore. 
Dolore. 
Lacrime e sangue. 
Questo è ciò che ci viene in mente sentendo la parola "Nazismo". 
Una stretta al cuore, pensare  a tutti coloro che l'hanno vissuto, alle migliaia di vittime.

"La vita era mutata nel modo più drammatico, ma era indispensabile comportarsi come se nulla fosse accaduto. 
Immaginati di sorridere dopo un ceffone; 
poi pensa di farlo ventiquattr'ore al giorno. 
Questo voleva dire nascondere un ebreo."

E’ un libro che si può... anzi  si deve centellinare, una pagina alla volta, lentamente perché va meditato, ponderato. 
Non c'è l'ansia di sapere che cosa succederà e come andrà a finire. Qui si racconta un pezzo di storia senza alcuna pesantezza, ma rendendo il lettore partecipe del disperante senso di impotenza che provavano le persone che erano riuscite a mantenere integro il proprio cuore.
Scritto in maniera impareggiabile, ne consiglio davvero la lettura a tutti, soprattutto a chi, come me, della storia sa solo quello che c'è scritto sui libri di testo, per cui frammentaria e temo poco veritiera.
E concludo con  una frase che dovrebbe farci riflettere.

"suppongo che gli uomini amino assistere a un po' di distruzione: 
castelli di sabbia, 
castelli di carta, 
si comincia così. 
La loro grande dote è la capacità di progredire".


3 commenti:

  1. non ho visto il film nè letto il libro, ma devo dire che sono molto curiosa per entrambi

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  2. Ho questo romanzo da parte non so da quanto tempo, ma prima o poi mi deciderò a leggerlo!!!

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