martedì 26 aprile 2016

Recensione: La confessione di Roman Markin di Anthony Marra

Titolo: La confessione di Roman Markin
Autore: Anthony Marra
Casa editrice: Frassinelli
Pag.: 311
Costo: 19,50














Trama

Roman Markin amava l’arte, l’aveva studiata, sognava di diventare un pittore. Ma nella Russia staliniana, più che artisti, servivano «censori di immagini», deputati a modificare dipinti e fotografie per cancellare personaggi caduti in disgrazia e considerati traditori dal regime. Ma Roman non resiste alla tentazione di salvare o di aggiungere volti e particolari perché restino tracce, anche se quasi invisibili, di chi ha amato, di chi è stato, e di quello che è stato. Così, da un lato rifiuta − anche se nemmeno lui sa bene perché, forse solo per amore della bellezza − di cancellare del tutto la figura aggraziata di una ballerina invisa al regime, dall’altro inserisce il volto del perduto fratello Vas’ka ovunque, nelle fotografie ufficiali, nei quadri del realismo socialista, persino su un paesaggio bucolico ceceno dipinto nel XIX secolo dal pittore Zacharov. Ed è seguendo negli anni il destino di quel quadro, e del paesaggio che rappresenta, che si snoda questa storia fatta di tante storie e di tanti destini, intrecciati tra loro, al di là del tempo e dello spazio. Dal quadro spariranno delle figure, e altre ne appariranno, come se il dipinto volesse in qualche modo seguire le vicende tragiche del luogo che rappresenta. Il risultato è un libro per certi aspetti indescrivibile, tecnicamente perfetto ma nello stesso tempo arioso e struggente, profondo e luminoso, pieno di umanità e di vita.

e mezzo

Il commento di Chiara

La dottrina sovietica aveva già pervaso il presente e quella figura serviva a ricordare che il passato non era meno rivedibile, meno ritoccabile di una tela incompiuta.

Leggere questo libro è stato impegnativo. Molto gratificante ma difficile. Non è un romanzo di narrativa leggero per evadere, bisogna concentrarsi sulla lettura e sugli avvenimenti. Io ho sempre avuto un debole per la storia Russa, dagli zar ad oggi, è una terra e un popolo che mi incuriosisce in qualunque contesto, dall’arte alla politica. Su quest’ultima non ho molte conoscenze, la seguo meno, ma qualcosa comunque filtra fino al nostro quotidiano. L’autore è un grande conoscitore della storia russa ed è riuscito a creare una vicenda concatenata a partire dalle purghe del regime ai tempi di Stalin fino ad arrivare a oggi, agli scontri con la Cecenia, concatenando gli eventi attraverso l’arte e i dipinti, il tutto permeato da riflessioni sulla vita e anche da un senso di humor velato.

Trasformare il “farei” in “ho fatto” è la grammatica del diventare adulti.

L’inizio è proprio con Roman Markin, un censore per il regime nel 1930. Lui deve far sparire dai dipinti, tutti i volti che non sono più amici del popolo, caduti in disgrazia. Ma è un artista, e per ragioni che lui stesso non capisce ma che al lettore arrivano comunque, sostituisce i volti cancellati, inserendo al loro posto il volto immaginario di suo fratello, anch’esso fatto sparire tempo prima. Ma sarà il dipinto di una ballerina a innescare tutti gli eventi raccontati in questo libro.

Che cosa vedeva guardando me? 
Rimaniamo gli eroi della nostra storia anche quando diventiamo i cattivi di quella altrui.

Mi è piaciuta la trama che si intreccia tra passato e presente, fatta di vari protagonisti, tutti accomunati da qualcosa di specifico e tutti in qualche modo incompleti. La storia mi ha incuriosita e anche se ho impiegato diversi giorni a finirlo, spesso col pensiero tornavo al libro per elaborarmi fatti, per cercare di capire.

La nostra era stata una Nazione potente, il mondo ci aveva temuto, uno Stato paterno aveva provveduto a noi. Adesso, invece, che cosa avevamo? Epidemie e dipendenze da alcol e droga. Da adolescenti ci consideravamo in lotta con la forza dello Stato, ma era stata proprio quella forza a sorreggerci lì, in cima al mondo.

Viene rappresentata una Russia molto distante dal nostro vivere quotidiano, più di una volta mi sono ritrovata a pensare di appartenere ad un’epoca e ad una categoria molto privilegiata. Infatti la cosa che più ho sofferto leggendo questo libro è proprio la tristezza e la desolazione, la rassegnazione dei protagonisti alle ingiustizie perpetrate.

Nello specchio del bagno vide il volto di un uomo che a diciassette anni lui avrebbe disprezzato con la vanità di un ragazzo ancora ignaro dei numerosi strumenti che il mondo possiede per schiacciarlo.

Alla fine però ho apprezzato molto questo libro. Ogni capitolo è stata una scoperta, agganciato agli altri ma comunque a sé. Ogni personaggio mi ha lasciato qualcosa dentro, Roman Markin, Galina, Alexsej, Nadia, Kolja ecc. tutti hanno contribuito, ognuno è stato una tessera.

In fondo le nostre vite sono tutte sogni, tanto reali per noi quanto insignificanti per gli altri.

Il fatto poi, che attraverso l’arte, è possibile tramandare a ogni generazione un messaggio di speranza e appartenenza è una cosa che a pensarci è meravigliosa. Anche nello “spazio” Kolja in qualche modo è stato connesso al contesto del libro.

Il massimo che può fare la mia professione è convertire l’immagine in ricordo, la luce in ombra, ma le pennellate che avevo cancellato si erano ridipinte dentro di me e mi ero reso conto che, prima di essere un correttore, un funzionario della propaganda, un cittadino sovietico, prima ancora di essere un uomo, io ero un prolungamento di vita dopo la morte per le immagini che avevo distrutto.

Un libro difficile e meraviglioso, una rappresentazione della Russia che dovrebbero leggere anche i ragazzi a scuola, un testo secondo me importante e molto intenso.

2 commenti:

  1. Troppo impegnativo per me maaaa...quell'ambientazione mi mette l'acquolina :3
    xoxo

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    1. anche l'ambientazione è tosta e non la solita Russia dei romanzi d'amore. Particolare in tutto

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