Autore: Hannah Kent
Casa editrice: Piemme
Pag.: 347
Costo: 17,50
TRAMA
Strega, seduttrice, colpevole, assassina: Agnes Magnusdottir è accusata di molte cose. Perché nell'Islanda dell'Ottocento - immersa nella nebbia come in mille superstizioni - lei, con la sua bellezza, il suo animo ribelle, la sua intelligenza troppo vivace, è diversa da tutte. Diversa anche per l'uomo che si è scelta: Natan Ketilsson, un uomo più vicino ai diavole dell'inferno che agli angeli del paradiso, come mormorano nel villaggio, capace di risuscitare i morti con pozioni a base di erbe conosciute solo da lui. E ora che Natan è morto, ucciso da diciotto coltellate, il villaggio decide che la colpevole dell'efferato omicidio non può essere che lei, Agnes. La donna che lo amava. E mentre, ormai condannata, attende la morte per decapitazione, Agnes racconta la sua versione della storia alle uniche persone amiche che il destino le concede nei suoi ultimi giorni: la moglie del suo carceriere, e un giovane e inesperto confessore. E anche se la morte sarà la fine inevitabile, per Agnes la vita continua altrove: nei pensieri, nei sogni, nelle storie che ha letto, nell'amore per Natan. Le cose che appartengono soltanto a lei, e che nessuno potrà toglierle.
IL MIO COMMENTO
"Tu, Agnes Magnusdottir, sei stata giudicata complice di omicidio.
Tu, Agnes Magnusdottir, sei stata giudicata colpevole di incendio e di omicidio premeditato.
Tu, Agnes Magnusdottir, sei stata condannata a morte.
Tu, Agnes. Agnes.
Ma non sanno chi sono.
Io resto muta.
Determinata a chiudermi al mondo, a serrare il mio cuore e a tenere stretto quel poco di me che non hanno ancora rubato.
Non posso perdere tutta me stessa.
Mi aggrapperò a chi sono dentro e stringerò le mani attorno a tutto ciò che ho visto e udito, e provato.
Le poesie composte mentre lavavo, falciavo e cucinavo fino a scorticarmi le mani.
Le saghe che conosco a memoria.
Seppellirò tutto quel che mi rimane per immergermi negli abissi.
Se parlerò, saranno solo bolle d'aria.
Non riusciranno a carpire le mie parole.
Vedranno la sgualdrina, la pazza, l'assassina, la femmina che gronda sangue sull'erba e ride con la bocca piena di terra.
Diranno <Agnes>, e vedranno il ragno, la strega rimasta impigliata nella sua stessa ragnatela.
Potrebbero vedere l'agnello circondato dai corvi, che bela per invocare la madre perduta.
Ma non vedranno me.
Perché io non ci sarò.
Chi è realmente Agnes Magnusdottir? Ha davvero commesso quell'omicidio? E perché strega?
Capelli lunghi tendenti al nero, una pelle diafana e due occhi di un azzurro tempestoso rendono questa giovane donna un'estranea al mondo circostante, non ha le tipiche fattezze delle donne del posto. Ma può Agnes aver ucciso?
Queste domande mi sono posta sin dalle prime pagine.
Le parole sopra trascritte presentano secondo me la figura di Agnes, più della sua anatomia, è il suo pensiero quello che la rende umana, che ci aiuta a capire le colpe che deve sopportare, ma sarà davvero colpevole?
Storie, racconti, saghe, dicerie, fanno di questa terra, l'Islanda, una terra feconda per leggende, superstizioni e pregiudizi, e Agnes ne è all'interno, legata senza nessuna via di fuga, e cosa le rimane?
Ma a metà libro mi sono posta una domanda, ma chi era Natan?
Era realmente l'uomo di cui tutti parlano? Uno stregone o semplicemente un erborista, che grazie alle sue conoscenze riusciva ad alleviare i malanni degli uomini del paese?
In questo romanzo intriso di mistero, c'è una figura che va guardata, osservata ed è il giovane vicario, Tito, il confessore, colui scelto proprio da Agnes, per ascoltare le sue colpe, per aiutarla in quel cammino, seppur ormai deciso, che la porterà alla morte!
Un racconto saturo, impregnato di storie, vicende, racconti descritti con gli occhi dei molteplici personaggi, di ignoranza, paura e superstizione, di dicerie che sconvolgono i singoli pensieri, un romanzo che leggi alla ricerca di una verità a volte gridata, a volte celata, nascosta, come se detta, possa far male, possa liberare un'anima oramai destinata...
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