TITOLO: Novembre
AUTORE: Laura Vegliamore
EDITORE: Words Edizioni
GENERE: Narrativa contemporanea
FORMATO: Ebook (2,99 – 0,99 nel giorno d’uscita) - Cartaceo (15,90)
“Tanto varrebbe prendere un treno a caso.”
Un venerdì come tanti a Parigi, una stazione della metro, un treno soppresso, un incontro deciso dal
destino. Adriano, ventiseienne romano, si è trasferito in Francia fuggendo da un senso di colpa divenuto
insostenibile, lontano dalla ragazza con cui è cresciuto, dal padre e dal fratello gemello, riflesso distorto
di se stesso che non riesce più a guardare negli occhi. E in quella stazione incontra Mathilde, bella e piena
di vita, che gli propone un gioco: farsi trascinare dal caso, per vedere dove il destino li condurrà. In quel
pomeriggio freddo di novembre, Adriano accetta di prendere per mano quella sconosciuta, per cambiare
vita, lasciarsi tutto alle spalle, respirare di nuovo. Il viaggio di Mathilde e Adriano è un turbine di mistero,
strade e canzoni, nel caos magico di una città meravigliosa, testimone di un sentimento che sembra
nascere all’improvviso e travolgere ogni cosa. Solo che quello non è un venerdì come tanti a Parigi. È il
13 novembre 2015, e il destino sta per mostrare il suo volto più crudele.
Laura Vegliamore è nata a Roma nel 1989. Dopo essersi diplomata in recitazione all’Accademia Internazionale di Teatro si è trasferita a Parigi dove ha vissuto per tre anni, lavorando come agente museale. Appassionata di storia e luoghi antichi, lettrice devota fin dall’infanzia, ha sempre adorato scrivere e, una volta tornata in Italia, si è decisa a dedicarsi a questa passione anima e corpo. Per Dri Editore ha pubblicato il romanzo storico Terraferma. Per Words Edizioni esordisce con il romanzo di narrativa contemporanea Novembre
ESTRATTI1. «Lo faresti?» gli chiese ancora, ignorando la domanda.
Adriano rispose al sorriso, ancora sbalordito e sorpreso, spogliandosi per un solo istante della rabbiosa
frustrazione di quel momento.
Sarebbe mai stato in grado di prendere un treno a caso?
«Certo che sì» mentì. La ragazza annuì, fingendo una solennità inadatta e comica che vibrò appena
nel petto di Adriano e sciolse quasi definitivamente il fastidio di quella situazione.
«Lo sapevo, hai la faccia di uno che prende treni a caso tutte le sere» sentenziò decisa.
Era più bassa di lui, di molto anche. Paffuta, con lunghi capelli rossi e grandi occhi castani. Emanava
una strana forza, una sorta di vitalità nascosta che pareva uscire, lottare per arrivare fino a lui, fino a
toccarlo. Gli ricordava qualcosa di conosciuto e al contempo sapeva di nuovo, di inaudito; e aveva
voglia di parlarle, continuare a guardarla sorridere.
«Proprio così» le rispose, nel suo francese secco e stentato, ancora un po’ timoroso. L’espressione
della ragazza si illuminò.
«Lo fai per lavoro?»
Quella sua sfrontatezza era semplice, adorabile. C’era un tremolio tiepido nella voce, qualcosa che
colpì Adriano, lo infranse e lo riempì di una calma buona e insolita.
«Certo», rispose con serietà divertita, «sono un prenditore di treni a caso, dal lunedì al venerdì.»
2. «La prima volta che mi ha portata qui, mio nonno mi ha mi ha fatto chiudere gli occhi.»
Sfiorò le palpebre di Adriano con i polpastrelli e lo costrinse ad abbassarle.
«Senti, mi disse, l’aria che arriva è quella smossa dai ventagli delle dame. Il rumore sono i tacchi dei cavalieri che
tengono il tempo. Le voci sono quelle dei cortigiani che cercano di ammaliare il re.»
Adriano avvertì un brivido lungo la spina dorsale. Lasciò che quella fantasia si prendesse un po’ della
sua coscienza e accettò di immergersi nel mondo di Mathilde.
Fu sorpreso di trovarci lo spazio per lui e ci scivolò piano, sempre più a suo agio. Sentì il peso dei
secoli, l’odore del marmo, l’eco delle voci dei cortigiani. Forse, da qualche parte, anche lo scalpiccio di
cavalli lontani, in arrivo da terre remote. Si sorprese ad amare quel momento, amarlo davvero, fino ad
averne la pelle d’oca.
«La musica è quella che il re non vuole interrompere, nemmeno dopo quattrocento anni.»
Lo abbracciò e cominciarono a muoversi lenti contro le note.
Non ballavano, né stavano fermi. Cadevano dentro al mondo, in mezzo al tempo. Trascinati dai sensi,
legati stretti nella penombra.
Vivi e infiniti. Solo per un istante.
3 «Era una storia finita, Adri, ha fatto bene… Solo, ecco, il tempismo non è stato dei migliori.
L’università va male, non riesce a studiare, non trova nessun lavoro. Non è un bel periodo.»
Adriano calciò un sasso.
«Non è mai un bel periodo, Cla’.»
Si sentiva svuotato, spossato, come se gli avessero succhiato via l’energia dal sangue. Era pentito, non
avrebbe voluto chiedere niente, avrebbe voluto continuare a illudersi che stesse bene come voleva fargli
credere.
«Lo so.»
Accelerò il passo senza rendersene conto. Claudia lo raggiunse, lo tirò per un braccio.
«Non c’entra niente il fatto che sei partito, Adri.»
Adriano si liberò dalla sua stretta, evitando di guardarla negli occhi.
«Se Leonardo sta male non è colpa tua.»
Sì, invece.
«Non so più come dirtelo, Adri.»
Non rispose, non disse più niente. Riprese a camminare, accelerando il passo, desiderando ancora di
non aver tirato fuori l’argomento.
Era colpa sua, soltanto colpa sua.
4. Solo una cosa esisteva.
Immersa in un blu intermittente e spettrale, avvolta dal freddo immobile e spento.
Solo una cosa esisteva, si muoveva. Viveva.
Solo il sangue.
Sull’avambraccio, tra le pieghe dei jeans, sulla maglietta.
Insolito e ingombrante, fermo e umido. Era quello il fastidio che riusciva ad accettare, l’unica cosa
sopportabile. Non le sirene assordanti, non le urla e, assolutamente, non la morte.
Solo l’ancestrale, quasi confortevole presenza del sangue addosso.
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