Autore: Carla Maria Russo
Casa editrice: Piemme
Pag.: 365
Costo: 17,90
Trama
1463. In una Milano splendida e in subbuglio dopo l'ascesa al potere di Galeazzo Maria Sforza, tiranno crudele e spietato ma anche amante delle arti e della musica, nasce Caterina, figlia illegittima di Galeazzo, la quale fin da bambina dimostra qualità non comuni e uno spirito ribello: impossibile imbrigliarla nell'educazione che sarebbe appropriata per una femmina, ama la caccia, la spada, la lotta. Una sola regola sua nonna Bianca Maria riesce a inculcarle nell'animo: la necessità, per una nobildonna, di pagare il privilegio della sua nascita accettando il proprio destino, qualunque esso sia, per il bene del casato cui appartiene, anche a costo di tradire la propria natura. Per questo, quando è costretta a nozze forzate per salvare il ducato da una pericolosa guerra scatenata dal papa Sisto IV, Caterina subisce il matrimonio e, con esso, gli orrori perpetrati dal marito, che si rivela tanto violento quanto pavido e imbelle. Quando però, dopo la morte improvvisa di Sisto IV, loro protettore, si troverà coinvolta in una serie di feroci scontri tra gruppi di potere e opposte fazioni, il suo palazzo assalito e distrutto, la vita sua e dei figli in gravissimo pericolo, ritroverà lo spirito battagliero e il coraggio indomabile di un tempo e combatterà come e meglio di un uomo, lasciando un segno indelebile nella vita di chi la ama e di chi la odia da guadagnarsi l'appellativo di Tygre.
Il mio commento
Anche questa volta non sono rimasta delusa, anzi... unica annotazione mi preme dire, è che, dal mio punto di vista più che una storia romanzata, definirei questo libro una cronistoria.
La differenza sostanziale sta nella modalità del racconto che l'autrice ha scritto, basato su due livelli espressivi, uno in prima persona e l'altro in terza, qui si analizza la vita di una donna che visse il suo tempo in pieno, in primis fuori dai canoni convenuti, quando era solo una bambina, ma sostanzialmente proprio per l'essere cresciuta al di fuori di ciò, le ha permesso di affrontare a testa alta le conseguenze che la politica stabilisce a discapito dell'essere umano.
Siamo nel XV secolo, l'Italia non ancora definita tale, si accinge a vivere un periodo tra la rinascita delle città e l'egemonia di alcune di esse; a Milano governano gli Sforza, Galeazzo Maria è il figlio di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza, due personalità storiche che hanno lasciato il segno, ma, haimé, purtroppo non possiamo dire altrettanto di Galeazzo, un uomo ambiguo, volubile, impulsivo, il più delle volte brutale. Fu però un grande mecenate, amante della cultura, della musica e del lusso. Ebbe una serie di amanti, tra cui Lucrezia Landriani, dalla quale nacque una figlia, Caterina...
Ora detto questo, non voglio raccontarvi altro, non è un trattato, non è un racconto, questo romanzo parla, descrive, come una bambina di appena nove anni, nel fiore della sua infanzia sia stata costretta a crescere dietro un gioco che vede il padre e Sisto IV protagonisti. Narra la forza di Caterina, l'odio e il bene comune, la sopravvivenza, il coraggio di una donna che ha posto davanti a tutto, il nome della sua famiglia, un nome che è simbolo di potere, di audacia, testardaggine (anche se il padre non rappresenta per nulla). E' un romanzo che divori e centellini contemporaneamente, perché dove il racconto si fa in prima persona, si conoscono le sensazioni reali della nostra protagonista, le emozioni che traspaiono, la crescita emotiva di una bambina in donna, di una donna in madre, di una madre in una guerriera.
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