Partiamo subito con una doppia recensione, il romanzo scelto è stato selezionato dalla scuola Holden e parteciperà al concorso indetto, con scadenza il 31 agosto.
Titolo:
La ragazza senza pelle
Autore:
Dario Carere
Trama
La giovane protagonista, nata senza pelle, decide di redarre una raccolta di memorie e riflessioni prima di congedarsi dalla vita. La sua rara forma di deficienza ha rappresentato per lei non solo una costrizione a distinguersi, ma anche un fondamentale strumento di studio della realtà: la pelle, in quanto filtro e scudo nei confronti della vita, salva gli uomini dall'intima verità donando loro il privilegio dell'apparenza, che è forse ciò che più conta per il mantenimento dell'equilibrio.
Commento di Iaia
Quando si fanno recensioni, a volte capita di avere
difficoltà a esprimere il proprio pensiero. Le cause possono essere varie: il
libro non è piaciuto, la storia non ha avuto presa, i personaggi erano piatti,
e così via.....
Questa è una di quelle volte. Non so come iniziare a parlare
di questo scritto, ma non per le ragioni dette sopra, per una motivazione
completamente diversa. La ragazza senza pelle non è un romanzo, è una specie di biografia del pensiero.
Una malattia strana, di cui non avevo mai
sentito parlare.
Nonostante la "diversità", la donna ha sì menzionato
la sua malattia, ma non per parlarne in senso medico e piangersi addosso, non ha
mai detto di essere andata da uno specialista, non ha mai parlato di questo "problema"
come se fosse la sfortuna della sua vita, non ha mai dato colpa al destino o
alla cattiva stella che le è capitata, ma tutta la sua filosofia, tutto il suo
bisogno di scrivere di questo handicap sono dovuti al ragionamento e alla
differenza che c'è tra lei e il resto del mondo che ha la pelle. La sua
condizione di essere senza epidermide ha generato in lei pensieri,
discernimenti, studio e quindi approfondimenti di se stessa che hanno portato
la ragazza a mettere su carta le sue elucubrazioni.
Questo libro è un resoconto di riflessioni frutto di alcuni
episodi che le sono capitati, di conoscenze, anche non scolastiche, di
esperienze fatte... tutto ciò che nella sua breve vita le è successo ha
comportato ragionamenti che, sebbene con parole diverse, hanno sempre detto le
stesse cose e la conclusione è sempre quella. Lei non sa vivere tra la gente
che ha la pelle, si sente particolare e anche superiore agli altri, lei
pensa... e questo le serve per andare avanti.
Non so qualificare questo lavoro: potrei dire che è
profondo, deprimente, vaneggiante, assurdo, in alcune parti contraddittorio.
Comunque è il risultato di una vita dolorosa, inerte, con desideri e pulsioni
che possono avere tantissime persone e che per lei invece sono solo causa di
sofferenza. Non ha mai raccontato di aver trovato amiche o amici che abbiano
provato repulsione nel vederla, sembra anzi che i rapporti con i suoi coetanei
siano stati normali. E' una persona che ha studiato tutti coloro che la
circondavano e osservandoli traeva conclusioni che le confermavano quanto
"io e gli altri" siano completamente diversi. Ritiene che la maggior
parte della gente sia mediocre, che segua la scia della moda (non vestiaria),
che viva nel falso e nell'ipocrisia, perché tutti fanno o faranno cose che la
"società" impone. Si deve andare a scuola, poi bisogna lavorare e poi
trovarsi un lavoro. Tutto questo implicherà fare e subire cose che gli altri vogliono.
Da un lato potrebbe essere vero per alcuni, ma non per tutti. Lei ritiene se
stessa superiore a queste cose. E' andata a scuola e si è anche laureata, ma lo
ha fatto esclusivamente perché, secondo lei, non avrebbe avuto scuse per crogiolarsi
nella sua inerzia. Il dover andare a lavorare, stare in un ambiente chiuso, sentire
da estranei frasi ipocrite o inconcludenti era un modo di vivere inaccettabile,
visto che avrebbe dovuto adattarsi ai dettami della società. Ha studiato perché era il male minore da dover subire. E' una persona che ha una profonda cultura,
e sperava che la conoscenza potesse riempire il suo vuoto interiore.
Nella sua vita ha conosciuto una ragazza, Elena, portatrice
dello stesso handicap. Sperava di trovare nella nuova amica una visione del
mondo molto simile alla sua, ma ciò non è avvenuto. Anzi Elena è riuscita ad
amalgamarsi nel mondo della "pelle", e per lei è stato intollerabile.
Non immaginava che questo potesse avvenire visto che non è mai riuscita ad
avere un rapporto continuo e soddisfacente con nessuno. E' una ragazza
insoddisfatta, pensa che la morte sia l'unica cosa possibile per se stessa.
D'altra parte molti suoi pensieri, per me, sono assurdi, sono vaneggiamenti di
una donna molto particolare. Resto della convinzione che questi ragionamenti
non siano dovuti al suo modo di essere e che tantissime persone possano avere
pensieri astrusi, esprimibili anche in forma artistica, solo che la ragazza ha
deciso che per lei non è possibile.
Non so cosa io sia stata capace di trasmettere a chi legge
queste righe, certo è che se mi fossi fermata alla prefazione, sarei arrivata alla
medesima conclusione. Nella premessa si capisce che questa donna sarà suicida e
consapevolmente affida ad un'insegnante (una delle pochissime persone che
stima) tutto ciò che ha scritto affinché possa pubblicarlo. Il libro non
finisce con un punto, ma lascia la frase a metà e già questo è indicativo. La
ragazza vuole che il mondo si accorga di lei, in qualche modo, non tanto per la
sua strana fisicità ma per i pensieri filosofici che ha elaborato.
Ho trovato difficile comprendere questa biografia del
pensiero e non consiglio di leggerla, se non nel caso vogliate filosofeggiare
senza avere una risposta. Chi volesse avventurarsi a sfogliare questo libro potrebbe
voler conoscere a fondo la mente di costei come potrebbe farlo uno psicologo e uno
psichiatra. Tentare di entrare nel cervello di una persona e capire la sua riflessione.
Secondo me un lavoro che durerebbe molti anni.
Non voglio dare una valutazione, credo che la mia opinione
non possa farlo. E' come se uno volesse scrutinare il pensiero di alcuni
filosofi (non perché ritenga tale questa signorina). Non puoi dare un voto ad
Aristotele: puoi essere d'accordo o meno con i suoi concetti e io mi ritrovo
nella stessa situazione. Posso dire che al 99% non concordo con quanto letto,
ma se non concordo non vuol dire che sia tutto sbagliato. Qualcuno potrebbe far
suo ciò che è stato pubblicato, anche se stento a crederlo. Questa donna ha
filosofeggiato per più di 300 pagine ripetendo sempre, più o meno, le stesse
cose. E il suo girovagare della mente è sempre stato riferito a se stessa, nel
suo rapporto tra lei e quelli con la pelle.
La scontentezza profonda l'ha portata al suicidio e, con
rammarico, devo dire che è la conclusione logica. Un essere umano che soffre
sempre e che se si accorge di vivere un momento felice, quasi si rincresce,
perché la felicità è effimera, dura poco e per lei non è sufficiente: LEI SI
SENTE VUOTA E INERTE.
Il commento di Manuela
Libro impegnativo e di non facile lettura.
E’ lo sfogo di una ragazza, una
sorta di diario, una sorta di testamento psicologico e filosofico.
La protagonista è una ragazza di ventitré anni che lascia alla sua
professoressa queste riflessioni su se stessa e su quella che è stata la sua
vita. Una vita vissuta con una certa difficoltà, visto il suo handicap... è nata
senza pelle...
L’essere senza pelle la fa sentire non solo diversa fisicamente, ma anche nel
modo di “vivere” il mondo circostante e le relazioni con gli altri. Questa sua
“diversità” la porta a maturare in modo precoce:
“apprezzare l’importanza della giovinezza significa non essere più giovani.
Non sono mai stata giovane”.
Per queste sue riflessioni, l’autore usa lo stile del diario, dove le idee si
rincorrono, scendono come un fiume in piena, senza interruzione.
Esattamente senza interruzione perché non ci sono separazioni dovute a
capitoli né a capoversi. Sembra proprio di assistere ad uno sfogo senza fine.
A tratti interessante, ma a volte noioso.
Mi spiace notare solo ora le recensioni, dopo quasi due anni. Non ero al corrente che il mio libro fosse presente in questa pagina, e mi sorprende che nessuno me lo abbia riferito.
RispondiEliminaRingrazio Iaia per il suo tempo, anche se trovo un po' impietoso sostenere che l'introduzione contenga il succo di tutto il libro. La protagonista è, certo, statica nel corso della sua crescita, proprio per la sua incapacità di rigenerarsi, ma mi pare che il suo confronto col mondo metta in luce molti diversi aspetti della società odierna, tra i quali la ricerca ossessiva di paladini che possano salvarla e la visione della cultura come un prodotto terapeutico da comprare in libreria. Il suo viaggio è un viaggio dentro le scuse che tutti noi ci raccontiamo per stare al mondo. Lo sguardo della ragazza non mi sembra poi limitato a se stessa, e più di una volta ella specifica, superata l'adolescenza, che non si sente superiore, ma solo diversa.
Non nascondo le lacune dello sfogo lungo, come pare definirlo giustamente Manuela, e abbraccio con calore la frase "di difficile lettura". Spero che in tanti trovino questa pesantezza costruttiva e non soporifera. Difficile è bello, è giusto, è più vicino alla verità.
Limitato a lei stessa*
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