Autore: Grégory Samak
Casa editrice: Nord
Pag.: 279
Costo: 16,60
Trama
Non avrebbe dovuto accettare la sfida. Terrorizzato, il bambino distoglie lo sguardo dal viso soddisfatto dell'ufficiale nazista, che gli ha appena dato scacco matto. Ha perso, e ciò significa che la sua famiglia verrà fucilata dalle guardie del campo e che a lui verrà amputato un dito, perché ricordi quell'umiliazione per sempre... Elias Ein non è mai stato un uomo di fede. E anche adesso è convinto che debba esserci una spiegazione razionale per l'esistenza di quella immensa biblioteca. Che debba esserci una ragione, se vi si accede solo tramite una botola nascosta nel sottoscala della grande casa d'epoca che ha appena comprato. Che debba esserci una logica, in quell'elenco di nomi, date e brevi descrizioni di eventi che occupa tutti i volumi, dalla prima all'ultima pagina. Non può essere davvero il Libro di Dio di cui parla la Bibbia, in cui è descritta la vita di ogni uomo, passato, presente e futuro. Soprattutto, Elias non può credere che il destino di ognuno sia già stato scritto. Costernato, apre un volume, trova il nome che cercava e, distrattamente, posa il dito sulle lettere dorate. E all'improvviso si ritrova in un campo di concentramento, accanto a un bambino che ha un'unica possibilità per salvare la sua famiglia. Giocare una partita a scacchi con un ufficiale nazista...
Il commento di Patrizia
«Io seguo la via indicata dalla Provvidenza
con
la sicurezza di un sonnambulo.»
Vittima di un’illusione ottica,
guardando la copertina mi sono immaginata un bel romanzo alla Glenn Cooper e
invece ci si ritrova con in mano un scopiazzatura di "La Biblioteca dei Morti".
Sorvolando sulla sua poca
originalità, questo libro sarebbe potuto anche essere interessante, e tutto
sommato scritto anche abbastanza bene, il problema sta per me nella troppa
velocità e superficialità con la quale si svolge tutta la vicenda.
L’unica parte degna di nota a
livello descrittivo è stata questa:
“La debole luce della lampada rivelò i contorni di una sala
monumentale, di forma quadrata e dal soffitto altissimo. Lungo le pareti
correvano due piani di balconate di forma circolare, sorrette da gigantesche
colonne. Da lì partiva una serie di corridoi convergenti, che formavano una sorta
di enorme rosone inscritto in un diamante dal taglio quadrato.
Innumerevoli file di libri, tutti rilegati in una pelle
pregiata e all’apparenza identici, ricoprivano le pareti. Parevano estendersi a
perdita d’occhio, lungo tutti i corridoi. Al centro si trovavano un antico
scrittoio e una semplice sedia di legno. Altre sedie, tutte uguali, erano
disposte in modo
apparentemente casuale in vari punti della grande stanza.
Era
una biblioteca immensa, pervasa da un’aura di solennità soprannaturale.”
Il libro è troppo breve, più che un
romanzo scusatemi si tratta di un lungo racconto.
I personaggi sono appena accennati,
mancano i dettagli, le caratterizzazioni… manca tutto. Non viene data la giusta
importanza e il giusto sviluppo ai momenti clou che arrivano e finiscono nel
giro di poche righe.
Elias Ein il protagonista, faceva parte di una grande,
antica famiglia ebrea dell’Europa dell’Est, era un uomo semplice, riservato di
lui non si sapranno altri dettagli. Gli altri personaggi appaiono, scompaiono
lasciandoci nulla.
Tutto scorre veloce senza lasciare
niente a chi legge, dov’è la tensione, la curiosità, nella storia? Tutto è uno
stereotipo.
Lettura dalle zero emozioni,
purtroppo lo sconsiglio, una perdita di tempo.
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