Pagine

martedì 24 giugno 2014

Trame e opinioni: Come meta di Lillo Favia

Titolo: Come meta
Autore: Lillo Favia
Casa editrice: Narcissus
Costo: 12,99 cartaceo; 3,99 ebook












TRAMA
10 ottobre 2006, stazione di Bari-scalo, un uomo si è consegnato alla morte. Perché dopo aver esternato il bisogno di esorcizzare i propri fallimenti in una lettera, qualche attimo dopo giace in posizione fetale in un vagone ferroviario su un binario morto alla periferia di Bari? Questo è l’interrogativo che il protagonista, unico e inconsapevole beneficiario del pensiero di Max, dovrà sviscerare affrontando l’inesorabile incedere degli eventi. Dare un senso alla morte di Max, darà sostanza e direzione alla propria vita. Avrà bisogno di capire, di sapere, di sovrapporre il proprio sguardo a quello del suo amico per raggiungere la più distante delle sue mete. Il viaggio cadenzerà l’intera vicenda. Un viaggio incominciato il 22 giugno 1990 su una Citroen Pallas nera, direzione Amsterdam, che ripercorrerà tutte le tappe emozionali di due cuori avidi di storia. La vita spesso, avendo la stessa natura dei sogni, si delinea irrazionale, transitoria, come un macabro gioco di conseguenze stupefacenti. Uomini, donne, arti, mestieri e bestemmie si rincorreranno sulle strade di Amsterdam, Parigi, Barcellona, Grenoble, Bologna, Bari e altre ancora, all’insegna di un destino cadenzato da sesso, droga e rock and roll. Un itinerario livido, quasi blasfemo, che li condurrà nella comunità L’Albatros in quel di Ostuni, governata da Don Rosario, figura controversa tanto quanto decisiva nella vicenda. Sarà proprio all’ombra dei torti ulivi di Puglia che Max rintraccerà l’amore. Il 25 settembre 1998 Max e Titti, bella e intelligente figlioccia di Don Rosario Fumino, in barba a ogni pregiudizio, contro ogni dettame costituzionale e costituente della comunità stessa, si sposano.
Vivere il proprio amore sulle ramblas barcellonesi diverrà la loro priorità. Ma il fato non aveva ancora scagliato la sua ultima condanna. Con la morte di Titti, Max, entrerà nel vortice della depressione. La strada diverrà l’ambiente in cui soffocare la propria sconfitta, la propria menzogna, il proprio dramma. La nostra voce narrante, intanto, allontanato dall’unico affetto in cui aveva riposto speranze e virtù, ritroverà conforto nella famiglia. Uscito dalla comune il primo febbraio 1999, dopo anni di fughe finalmente imboccherà la via che lo condurrà all’amore, alla luce, alla vita.


IL COMMENTO DI PATRIZIA
In un primo momento, Come meta mi è parso un libro noioso, dal linguaggio articolato, pomposo, pieno di “paroloni”, invece si è mostrato essere una piacevole lettura, ma forte, intensa e molto realistica. Mi ha fatto tornare alla mente la prima volta che ho letto “Noi i ragazzi dello zoo di Berlino”, in esso percepisci il dolore, l’angoscia, l’impotenza. Il ritmo della lettura aumenta le tue percezioni, senti l’incalzare della storia, la necessità della lotta suprema. La storia è suddivisa in tre capitoli (le tre fasi del viaggio), e narra di un’amicizia quasi innaturale, intensa e forse un po’ maniacale (poche persone in nome del sentimento amicizia avrebbero intrapreso simili lotte). Conosceremo Max l’amico suicida, “morto di una vita impropria” (termine orribile, il sentirsi impropri rende tutto mesto e vuoto), eccessivo a volte, provocatorio, lettore compulsivo (questa forma maniacale mi è ben nota). Uomo colpito con ferocia dalla vita ma nello stesso tempo audace, voglioso della propria libertà ed integrità morale ad ogni costo. La nostra voce narrante invece è stoica, resistente anche se un po’ masochista, capace di lottare per rinascere, e apprezzare meglio la vita. Figlio di una famiglia di facciata, con una sorella Serena, alcolizzata, un fratello Gianni che di mestiere fa la guerra, una madre depressa e un padre in pieno fallimento economico. È un inno alla libertà, alla trasformazione, all’abbattimento delle proprie maschere.
Capitolo I : La partenza – La terra
Il viaggio inizia con una fuga ad Amsterdam, viaggio-vacanza post diploma, su una vecchia Citroen, con pochi soldi, una chitarra e una bella amicizia sul nascere. Sarà un lungo viaggio fatto di condivisioni, di nuove esperienze, di incontri. Da sfondo le città di Grenoble, Parigi (…come una puttana mostrava le sue grazie, piena di sé e della sua bellezza…), Amsterdam, Strasburgo con la sua eroina (…gli uomini amano e cercano ciò di cui hanno bisogno… Bukowski). Saremo accompagnati dalla musica di Lou Reed, Iggy Pop, David Bowie, Tracy Champan, inni alla giovinezza, alla libertà, alla spensieratezza dell’essere umano. Ogni viaggio degno di nota però piange il suo ritorno e tornerà portando la discesa agli inferi dell’eroina come dipendenza totalitaria del loro mal vivere. Pagine intense, ben descritte nella loro crudeltà. Forte la scena del patto di sangue tra i due amici (ho sempre pensato che fosse una cosa da donne)…
Capitolo II : Il viaggio – La conoscenza
I protagonisti si perdono di vista per mesi, anni, ma il loro cammino si incontrerà sempre nei momenti di massimo bisogno. Le pagine sulla disintossicazione, sul lungo percorso di riscoperta di se stessi sono magiche. La lotta contro la dipendenza, contro le proprie idee e convinzioni sono il fulcro del capitolo.

<< L’uomo ha sempre una scusa confezionata ad arte per giustificare la propria idiozia..>>

Precisa e minuziosa la descrizione della struttura che accoglierà i nostri amici per il percorso di rinascita. Il “Padre” responsabile della struttura sarà un personaggio di spicco, forte come solo un uomo che dedica la sua intera vita al recupero dell’uomo, duro come le sue regole eppure capace di amare questi figlioli come suoi e di mettersi in discussione sempre. Ognuno dei ragazzi aveva a suo modo toccato fondali dello stesso abisso.

<<… la morte non le ero mai stata così vicina. 
E’ davvero difficile dare valore a un giorno così offensivo. 
Avevo sempre rifuggito il confronto con il mio passato. 
I brutti ricordi sono come anime di dannati che vagano sottopelle. 
Oggi più che mai è tempo di rimestare nel torbido …>>

Capitolo III: Il ritorno – L’uomo

<<… Non siamo padroni di niente.
Siamo schiavi di un’illusione: la vita.
Anche il fuoco più intenso lascerà solo cenere e fumo al vento. >>

Purtroppo in questo atto finale non ci si può che aspettare la tragedia, il “colpo di grazia”. Pagine e pagine di dolore, sofferenza, angoscia e nello stesso tempo anche un inno all’amore puro, unico (quello che durerà tutta una vita). La morte è la protagonista principale e noi restiamo impotenti dinanzi ad essa. Vera la definizione della nostra voce narrante: il masochismo è cibo per un amante solo, l’autolesionismo è droga per il suo ego.
Lettura che vi consiglio vivamente. 
Vi lascio con una splendida citazione del libro:

<<… scrivere le proprie stagioni morali è un po’ come urlare nel proprio abisso.>>


4 commenti:

  1. Grazie, recensione di gran suggestione e spessore. Per chi volesse interagire con me o pormi questioni... sono a vostra disposizione.

    RispondiElimina
  2. Non ne avevo mai sentito parlarw *_*

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La mia esperienza da "autore" convergeva su testi musicali -editi in due produzioni- e poesie -inedite-. E' la prima volta che mi cimento con trame e percorsi narrativi a lungo raggio. Si è rivelato un percorso d'auto-analisi, uno specchio dell'anima intransigente tanto quanto lungimirante... un dono a me stesso e a chi avrà l'ardire di coglierlo... grazie.

      Elimina